lunedì 15 settembre 2014

Franco Carpineti, una vita passata a formare giovani nel basket

L'Aquila anni 60 - Foto di "La  casteddaia" 
Insegnare, una missione. Vorrei stare sul campo altri dieci anni.

E' di questi giorni l'articolo pubblicato dall'ufficio stampa della FIP sui 90 anni di Franco Carpineti. Per pura curiosità ho deciso di scandagliare il web in cerca di altre notizie, ed ho trovato questa intervista di Stefania De Michele, pubblicata da " La Nuova Sardegna" nel 1999, che vi propongo integralmente.

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CAGLIARI 6 gennaio 1999 - Tenere a bada uno sciame di bambini in un campo di pallacanestro non è affare da tutti. Insegnare loro a giocare facendoli sempre divertire è cosa altrettanto difficile, ma di sicuro Franco Carpineti ha esperienza da vendere. Settantaquattro anni, allenatore da oltre quaranta, pluripremiato e soprattutto niente affatto stanco di essere circondato da scalmanati piccoli atleti.

Allora coach, quando nasce questa passione per il basket?
Molto tempo fa. Sino a 28 anni ho giocato al calcio, mala pallacanestro mi è sempre piaciuta. Intorno al 1950 mi trovavo a Napoli e, essendo meteorologo, ho fatto parte della squadra dell'Aeronautica. E stata una breve parentesi perchè poi ho proseguito esclusivamente da allenatore.

E in Sardegna?
Ricordo quando all'Aquila, nel 1956, costituimmo una società: all'inizio non avevamo niente, neanche il campo. A quei tempi allenavo squadre seniores: la prima divisione e poi la serie C. Questo fino al 1965. In seguito mi sono occupato esclusivamente dei settori giovanili.

Perchè? 
Per scelta. Preferisco insegnare ai ragazzi che gestire giocatori già maturi. Oltre tutto gli atleti che arrivano a una certa età e a un traguardo più o meno meritato molto spesso disconoscono l'importanza di perfezionare costantemente i fondamentali. Per esempio i professionisti Usa, tre settimane prima dell'inizio del campionato, dedicano 40/50 minuti ad allenamento agli esercizi di passaggio, di tiro, ai fondamentali di difesa. Se lo fanno loro, non capisco perchè i nostri giocatori di A e B e via dicendo non debbano applicarsi.

Non sempre è colpa degli atleti... 
Certo. Infatti il basket sta regredendo qualitativamente proprio perchè non ci sono più allenatori del calibro di Formigli, Costanzo, Pentassuglia. Sono convinto di una cosa: per diventare un bravo tecnico è assolutamente necessario aver allenato per almeno cinque o sei anni i giovanissimi. Non è sufficiente conoscere schemi e tattiche; bisogna fornire i giocatori di un bagaglio tecnico che consenta loro di giocare in ogni ruolo. A tutte le età e in ogni serie.

Ci sarà pure qualche buon allenatore... ?
Più di uno, ma non sono mai troppi. Se si vuole qualche nome posso citare Piero Rigucci, Robertino Usai quando stava al Cus. Non si può dimenticare Ermanno Iaci, Michele Boero che attualmente è vice di Boniccioli nella nazionale cadetti, Enzo Molinas. A Sassari c'è Antonio Polano. A Olbia Mimmo Sciretti ha fatto un ottimo lavoro organizzando una società sportiva, l'Olimpia, che fa dei campionati giovanili il suo impegno maggiore.

Chi considera suo maestro?
Senza dubbio Tracuzzi, il più grande allenatore italiano: uno che vedeva le cose prima degli altri e che, per questo, precorreva i tempi. _

Lei è uno dei pochi allenatori"benemeriti" in Italia. Cosa significa?
Dovremmo essere almeno in quindici.

Si tratta del maggiore riconoscimento alla carica di tenico? Per cosa? 
Io, per esempio, ho partecipato ad almeno venticinque clinic internazionali. Sono stato direttore di diversi stages per allievi allenatori. Per 25 anni ho rivestito la carica di presidente regionale del Cna (Comitato nazionale allenatori).Sono stato uno dei promotori della pallacanestro nel Sulcis, a Lanusei, ad Alghero oltre che a Cagliari.

Quali sono i requisiti di un buon allenatore? 
E' una questione di carattere, passione, pazienza, intelligenza e psicologia. Con i ragazzi poi il primo passo è la comunicatività e la capacità di coinvolgere il gruppo, creando un solido spirito di squadra.

Quali squadre ha seguito? 
Dopo i seniores dell'Aquila è stata la volta delle giovanili con la stessa società: alla fine degli anni Sessanta partecipammo alle finali nazionali allievi e juniores. nel 1970 sono approdato al Brill e ho visto crescere giocatori come Tore Serra, Bruno Ligia, Luigi Maxia, Umberto Schlich. I risultati non mancarono: per esempio all'inizio degli anni Ottanta ci piazzammo terzi nelle finali nazionali allievi battendola corazzata Ford di Cant. Attualmente dopo due anni dipausa per problemi di salute, alleno un gruppo di ragazzi di 10 anni dell'Esperia.

Si è mai pentito di qualche sua scelta? 
No, anche se, in verità non avrei mai pensato di allenare le donne. Lo affermavo da sempre: le ragazze non sono portate per questo sport. Misono dovuto ricredere. Nel 1987, per varie vicissitudini accettai la serie C femminile del Basket Quartu: le giocatrici mi hanno sempre seguito con grande impegno e passione e si sono rivelate estremamente allenabili.

Si faccia un augurio per il nuovo anno appena cominciato.
Di poter stare sui campi altri dieci anni. E più in generale: vedere nascere in Sardegna, ma anche a livello nazionale, una scuola specifica per allenatori del settore giovanile.

Stefania De Michele


Stefania De Michele  
Milanese di mamma, sarda di padre - giornalista professionista. Ho iniziato a scrivere di sport sulle pagine della Nuova Sardegna. Per 16 anni ho lavorato a Sardegna 1 TV e collaborato per 4 anni con la redazione di Mediaset Sport. Attualmente collaboro con SKY Sport 24. Sono l'addetta stampa del Cus Cagliari Basket per la stagione 2014/2015. Dirigo una free press periodica di attualità e moda, che si chiama "Shopping"

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